Come insegnare ad un neonato a dormire tutta la notte
Noi mamme abbiamo quasi sempre le occhiaie. I primi giorni in cui il bambino è appena nato, le occhiaie raddoppiano e appaiono anche sui volti dei papà. Vorremmo che il piccolo dormisse otto ore, in modo da poter riposare anche noi, ma la verità è che è necessario avere un po’ di pazienza, soprattutto nei primi tre mesi.
Che cosa aspettarsi?
Non disperate, con il tempo le cose miglioreranno. In questo articolo vi spieghiamo cosa accadrà e come contribuire a far sì che i sogni dei neonati durino più a lungo.
Come insegnare ad un neonato a dormire tutta la notte? Dopo aver letto questa domanda vi aspettate di certo una formula magica, ma come ormai avrete imparato, per gli esseri umani non ne esistono. Nonostante ciò, ci sono alcune tecniche da poter mettere in atto e tra queste spicca l’importanza di stabilire una routine.
I neonati sanno già come dormire, ma lo fanno in orari diversi da quelli degli adulti. Secondo quanto riportato nel libro “Dormir Sin Lágrimas“, della scrittrice spagnola Rosa Jove, è stato dimostrato che ancora allo stato fetale, soprattutto al terzo trimestre di gestazione, i piccoli presentano già momenti di veglia alternati a momenti di inattività, molti simili alle fasi del sonno dei neonati.
A partire dalla nascita, il piccolo impara a seguire un orario più stabile, con un sonno notturno prolungato e piccoli riposini tra una poppata e l’altra.
Uno dei migliori consigli è quello di aiutarlo a mantenere tali orari, fissando una routine giornaliera, in modo da abituarlo a fare ogni cosa, ogni giorno, più o meno agli stessi orari. Quando il piccolo riposerà, anche le mamme potranno farlo.
Dormire è un processo evolutivo che si adatta alle necessità dell’essere umano. Un neonato non dorme come un bambino, né quest’ultimo dorme come un adulto, così come un adulto non dorme come un anziano: ogni età reclama necessità differenti.
-Rosa Jove, Dormir Sin Lágrimas-
La cosa più sensata da fare nei primi tre mesi di vita del bebè, è seguire i suoi segnali e le sue indicazioni. Ad esempio, se si addormenta mentre mangia o mentre lo tenete tra le braccia, sistematelo in un luogo in cui potrà riposare, come la sua culla o in macchina, a seconda di dove vi trovate.
Secondo alcuni esperti, durante la prima infanzia, il piccolo passa rapidamente dallo stato di sonnolenza allo stato di veglia. Per questo, se è sveglio, sfruttate il momento, giocate con lui e insegnategli a distinguere i periodi in cui dormire da quelli in cui stare svegli.
È bene aiutarlo anche a distinguere il giorno dalla notte. Potete farlo attraverso l’interazione: di giorno potete giocare, parlargli o fargli ascoltare la musica, mentre la sera potete cercare di parlare più a bassa voce ed evitare di accendere troppe luci. Questo lo aiuterà.
Stabilire una routine può aiutarvi a farlo dormire
La psicologa Jove spiega che da quando i bambini nascono, fino ai 4-6 mesi, il loro sonno è bifasico (composto da due fasi), mentre in seguito si compone di cinque fasi, proprio come gli adulti. Questo spiega il rapido balzo dalla sonnolenza alla veglia.
Il fatto che il loro sonno sia composto da due fasi alternate fa sì che si sveglino di frequente; si svegliano per mangiare, per promuovere il contatto e il vincolo e, infine, per evitare i pericoli, dal momento che hanno bisogno della sicurezza di sapere che chi si prende cura di loro è nelle vicinanze.
Richard Ferber, autore del libro “Solve Your Child’s Sleep Problems”, evidenzia che quando un bambino compie i tre mesi di età e ha già sviluppato un modello delle 24 ore abbastanza prevedibile, è necessario fornirgli una struttura coerente.
È in questo momento che è necessario impegnarsi per stabilire una routine giornaliera e per cercare di mantenerla nei limiti del possibile: così facendo, secondo l’autore, è molto probabile che il piccolo continui a sviluppare dei buoni modelli di sonno.
Secondo Ferber invece, se le ore in cui vostro figlio mangia, gioca, fa il bagnetto o altre attività variano continuamente, ci sono maggiori possibilità che anche il suo sonno sia irregolare.
Nessuno ha dimostrato che la routine sia negativa (a meno che non arrivi ad essere ossessiva e inflessibile, caso in cui può creare confusione), avverte la Jove.
Naturalmente, è bene ricordare che la routine deve essere flessibile ma prevedibile. Non serve a nulla lasciarsi ossessionare dagli orari. Uno strappo alla regola sporadico non è mai un problema.
Inoltre, sia la psicologa Jove, che altri autori, sottolineano i vantaggi dell’allattamento materno per aiutare il bambino a dormire «per via della composizione stessa del latte, del rilassante contatto con la madre e della suzione calmante».
L’alimentazione materna non solo apporta benefici al bambino, ma anche alla mamma, dal momento che la aiuta a prendere sonno più facilmente, da un punto di vista ormonale, secondo quanto espresso dall’autrice del libro “Dormir Sin Lágrimas” in cui raccomanda anche la condivisione del letto con il bebè.
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