Come gestire i conflitti senza punire i figli
Anche i genitori a volte si lasciano travolgere dalle emozioni e in alcuni momenti di tensione perdono le staffe e finiscono per punire i figli. Molte volte lo fanno senza sapere che questa reazione rinforza le condotte negative dei bambini. Per imparare a gestire i conflitti senza punire i figli, l’ideale è coltivare la loro intelligenza emotiva.
Oltre a ciò, sarà estremamente utile imparare strategie per avere la meglio sugli eventi aggressivi e stressanti con cui a volte bisogna fare i conti. In questo modo sarà possibile gestire i conflitti senza punire i bambini.
Non ci sono dubbi sul fatto che le punizioni non favoriscono l’apprendimento a lungo termine. Ciò perché il castigo non cambia le cause che provocano le condotte inappropriate e, lungi dal migliorare la situazione, suscita nel bambino emozioni negative verso chi glielo infligge. Per questo motivo, risulta necessario disporre dei giusti strumenti per insegnare ai più piccoli a gestire i conflitti in maniera costruttiva.
Come riuscirci? Una buona strategia consiste nel lavorare in due direzioni parallele. Una di queste è la riflessione e l’altra l’intervento. Ma prima i genitori devono coltivare la pazienza, l’empatia e la creatività.
Educare i figli richiede ai genitori di imparare a mantenere la calma in qualsiasi momento; questo farà la differenza, poiché grazie alla nostra serenità, potremo agire invece di reagire punendo i bambini.
Riuscire a gestire i conflitti senza punire
Per imparare a gestire i conflitti senza ricorrere alle punizioni, prima di tutto dobbiamo meditare e capire se i nostri figli si stanno comportando male davvero. Bisogna riflettere secondo quali parametri la loro condotta risulta inadeguata. Se è così, pensate a cosa ha provocato la stessa.
Tenete conto del fatto che molto spesso dietro ad alcune condotte inadeguate dei bambini prevale la mancanza di strumenti e informazioni che avrebbero permesso loro di agire diversamente.
È bene sapere che quando ci si trova davanti al calore di un conflitto che genera ira o aggressività, l’ideale è non agire sotto l’influsso di questi stati d’animo. Se però si tratta di una litigata tra fratelli – una scena a volte molto frequente – bisogna separarli subito e mettere al sicuro il bambino aggredito. È tuttavia importante non gettare benzina sul fuoco ed evitare di inasprire gli animi.
In questi momenti bisogna trattare il bambino che ha aggredito con dolcezza e tranquillità fino a farlo calmare. Potete abbracciarlo se ve lo lascia fare. Cercate di calmarlo con alcune parole di conforto, senza cercare responsabili o risposte su quanto accaduto. Quando si sarà tranquillizzato, potrete iniziare a conversare.
Se alimenti l’amore nella tua famiglia, i tuoi figli si prodigheranno per fare felici gli altri.
-Rosa Jove, psicologa specializzata in psicologia clinica infantile-
In un secondo momento, e con un atteggiamento sereno, dovrete chiedere al bambino di descrivervi quanto accaduto. Quando lo farà, ascoltatelo senza correggerlo né giudicarlo. Se i vostri figli non sono in grado di farlo perché ancora molto piccoli o per mancanza delle necessarie abilità linguistiche, potete aiutarli a ricostruire i fatti, ma sempre con un linguaggio moderato e conciliatore.
Il punto centrale di questa conversazione è che il bambino riesca a individuare l’emozione che l’ha portato a comportarsi in maniera inadeguata o violenta e come si è sentito subito dopo. Riconoscere l’emozione alla base della condotta indesiderata è importante, così come lo è non inibirla.
L’idea è insegnare ai più piccoli a riconoscere le loro emozioni e gestirle nel giusto modo. È normale che provino rabbia, ma non va bene reagire picchiando un altro bambino, per esempio.
Controllare le emozioni è un punto chiave
Insegnate ai vostri figli a riconoscere e validare le loro emozioni. Fanno tutte parte della natura umana, dunque distinguere tra buone o cattive invita alla colpa e impedisce di canalizzarle nel giusto modo.
Potete anche spiegare loro come vi ha fatto sentire la loro condotta indesiderata. Usate le parole corrette e chiamate ogni emozione con il suo nome. Per esempio: mi sono sentito/a frustrato/a, infastidito/a, triste. Evitate assolutamente di iniziare la frase con “mi hai fatto sentire…” così da farvi carico delle vostre emozioni e non addossare la responsabilità ai bambini.
Potete aiutarli a essere empatici tramite esempi quotidiani che possono associare a un’emozione simile. Film, cartoni animali, racconti, un aneddoto della scuola, sono tutti utili a tale scopo.
Dovrete ricordare ai vostri figli i punti trattati durante la conversazione e se ritenete di doverne parlare ancora, fatelo tutte le volte necessarie. Evitate il fastidioso incipit “Quante volte ti ho detto che…”.
I bambini hanno bisogno di meno punizioni e più parole, e la scienza lo ha dimostrato. È noto, di fatto, che per il nostro cervello non è facile elaborare la parola “no”, dunque abbiamo molte più probabilità di essere ascoltati dai nostri figli quando impostiamo le nostre frasi in chiave positiva piuttosto che in chiave negativa.
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