Perché i bambini ci contraddicono?
Sarà successo anche a voi: vostro figlio fa qualcosa che non deve fare, gli spiegate con calma che non si fa e, dopo poco, vi rendete conto che ha ricominciato. Perché i bambini ci contraddicono?
Se a questo punto, gli ripetete di nuovo che non si fa, la risposta sarà l’esatto contrario delle vostre indicazioni. Allora passate al tono serio, lo sguardo fermo e perseverate. Niente. Il bambino vi sta apertamente contraddicendo.
Ora siete arrabbiati e neanche i toni più bruschi funzionano. Perdete ma calma e iniziate a pensare a un castigo. Sì, proprio quel “castigo” che vi eravate riproposti di non usare, in linea con il vostro stile educativo rispettoso. Allora verrete assaliti dal dubbio.
Che succede? Perché non funziona? Perché continua a contraddirmi, ignorando quello che gli sto dicendo? Nell’articolo di oggi scopriremo perché i bambini ci contraddicono.
I bambini piccoli non hanno capacità di autocontrollo pertanto, se sentono un impulso, le probabilità che lo controllino sono minime, se non nulle.
Questo impulso può sorgere in diverse situazioni, sia per frustrazione o talvolta anche per allegria. Le cause sono infatti le più varie. Ma, una volta che gli abbiamo fatto notare che quella cosa non si fa, perché la ripete?
Le ragioni per cui i bambini ci contraddicono variano con l’età
Non è vero che i bambini ci contraddicono, stanno solo imparando il rapporto causa-effetto.
I bambini sono come piccoli scienziati, con il cervello programmato per imparare il maggior numero di cose possibili, nel minore tempo possibile. Quest’apprendimento richiede l’esplorazione che, a sua volta, si scontra spesso con i nostri desideri di genitori.
Il cervello lo spinge continuamente a scoprire cose, quindi non è che non vi sta ascoltando. Il problema è che fra ascoltare e scoprire, il suo cervello sceglierà sempre la seconda.
In poche parole, questo significa che i bambini usano i propri genitori e le persone vicine come banco di prova, per scoprire il mondo che li circonda.
Se fate qualcosa che suscita il loro interesse, il bambino cercherà di causare nuovamente la condizione che ha scatenato quella reazione, per osservarla di nuovo e cercare di trarre le proprie conclusioni.
Se la reaizone l’hanno provocata direttamente, la troveranno ancora più affascinante, perché scoprono di avere un determinato effetto su di noi. È una sensazione molto potente per il bambino.
Tanto più la nostra reazione sia interessante e curiosa, più possibilità ci sono che ripeta la causa scatenante. Se, ad ogni tentativo, la vostra risposta cambia costantemente, sarà più difficile per lui capire cosa sta succedendo e cercherà di ripeterlo più volte per arrivare ad una conclusione.
In questi casi, l’ideale è rispondere con una reazione ferma ma neutra, quasi noiosa e sempre la stessa.
Quando imparano i bambini a controllare i propri atti?
Uno studio recente, pubblicato da medici pediatri, analizza la differenza fra l’età in cui i genitori ritengono che i bambini possano controllare i propri atti e l’età in cui, dal punto di vista neurologico, sviluppano questo tipo di capacità.
Secondo questo studio, la maggior parte dei genitori crede che i bambini dovrebbero essere capaci di controllare i propri impulsi intorno ai 2 anni. Invece, la neuroscienza ha dimostrato che questa capacità inizia a svilupparsi fra i 3 e i 4 anni e continua a svilupparsi lentamente fino ai 20 anni, quanto raggiunge la sua completezza.
Questa differenza fra le aspettative dei genitori e la realtà del bambino fa sì che molti di noi pensano che i bambini ci contraddicono apposta, ma non è così.
Capire questa realtà mostra l’assurdità del castigo o del penalizzare bambini per comportamenti che sono del tutto in linea con il proprio sviluppo e che, in realtà, sono fuori dal loro controllo.
Promuovere l’intelligenza emotiva
Nella vita degli esseri umani, le emozioni hanno un enorme peso. Nonostante per moltissimi anni ci abbiamo insegnato a reprimere le nostre emozioni, la scienza ha dimostrato che questa negazione ha effetti devastanti.
Per questo motivo, è importantissimo insegnare ai bambini a gestire le proprie emozioni: sentirle, esprimerle in modo sano ed imparare ad ascoltarle e ad accettarle senza giudicare.
Un bambino che impara a identificare e dare un nome alle proprie emozioni, che sa che i suoi genitori e gli adulti di riferimento le sapranno riconoscere e rispettare e che ha la sicurezza che ciò che prova è del tutto normale, è più probabile che diventi un adolescente che comunica meglio.
Via via, questa modalità in cui il comportamento spesso viene usato per comunicare necessità o emozioni con cui non si sentono comodi, o che li spaventano, andrà scomparendo, sostituita dalla parola.
Tutte le tappe dello sviluppo richiedono anni di transizione in cui le emozioni, le sensazioni e i dubbi producono insicurezza e maura. E sono proprio questi momenti di cambiamento che rappresentano le sfide più difficili per i genitori.
Ma se vi atterrete a uno stile di accompagnamento alla crescita che promuova l’intelligenza emotiva, che vada alla ricerca della causa più che alla correzione di un semplice atteggiamento, riuscirete ad insegnare a vostro figlio a famigliarizzare con le proprie emozioni. In questo modo, gli spianerete la strada verso una sana crescita emotiva.