La sindrome di Down e l'allattamento materno
La sindrome di Down potrebbe essere considerata un impedimento per l’allattamento materno ma, allo stesso tempo, offre grandi benefici.
È un’alterazione genetica prodotta dalla presenza di un cromosoma in più nella coppia 21, da cui anche il nome di trisomia 21. I cromosomi sono porzioni del DNA che contengono materiale genetico. La trisomia 21 influenza lo sviluppo cerebrale e fisico dell’essere umano; è la principale causa di disabilità intellettiva, oltre a essere l’alterazione genetica più diffusa.
La sindrome di Down comporta disfunzioni cardiache e del sistema digestivo. La causa è ancora sconosciuta, sebbene un’età avanzata, la presenza di un figlio con la stessa sindrome o genitori portatori di traslocazione genetica sono tutti fattori di rischio.
Di fronte a una diagnosi di cromosomopatia di questo tipo, la futura mamma può decidere se proseguire con la gravidanza o procedere con l’interruzione volontaria. Qualunque decisione prenda, deve avvenire in modo consapevole, libero e cosciente. La decisione deve essere supportata e rispettata dall’equipe medica.
Attualmente in Italia la speranza di vita delle persone con sindrome di Down è di 62 anni.
Diagnosi della sindrome di Down
Durante il primo trimestre di gravidanza viene eseguito lo screening combinato o ultrascreen. Questo tipo di test fornisce un valore statistico di rischio, ovvero la probabilità di incorrere in una malattia cromosomica.
Il test calcola la probabilità che il feto sia affetto da sindrome di Down, sindrome di Edwars e di Patau. Il rischio viene calcolato tenendo conto dell’età della madre, di specifici marcatori ecografici e di alcuni valori biochimici del sangue materno.
I valori biochimici devono essere ricavati in settimane stabilite della gestazione, di solito intorno alla 9 o 10 settimana. I parametri presi in considerazione sono la frazione libera dell’ormone della gravidanza (B-hCG) e i valori della proteina plasmatica associata alla gravidanza (PAPP-A).
L’ecografia viene realizzata tra l’11 settimana + due giorni e la 13 settimana + sei giorni. Il marker utilizzato per valutare il rischio di malattie cromosomiche è la traslucenza nucale (TN). Ciò perché i feti con sindrome di Down hanno una maggiore quantità di siero in questo spazio.
Se il livello di rischio è considerato alto, alla mamma potrebbe essere consigliato il test prenatale non invasivo (NIPT) o l’amniocentesi. Il test prenatale non invasivo permette di individuare eventuali anomalie cromosomiche del feto attraverso una provetta di sangue materno, in cui si ricerca il DNA fetale.
L’amniocentesi consiste in un prelievo di liquido amniotico, mediante puntura addominale, in cui vengono ricercati i cromosomi del feto. È un esame invasivo che comporta rischio di aborto spontaneo.
Allattamento materno: ostacoli e vantaggi
Nei neonati con sindrome di Down possono esservi tre fattori che rendono più complicato l’allattamento. Si tratta della glossoptosi (tendenza della lingua a cadere all’indietro), macroglossia (lingua più grande) e ipotonia (ridotta tensione o tono muscolare).
Nei bambini Down, l’allattamento al seno aiuta a migliorare la coordinazione e il controllo della lingua, il che si traduce in minori problemi di linguaggio, rafforzamento dei muscoli orofacciali e della mascella, oltre a stimolazione addizionale.
Pertanto, la sindrome di Down non deve essere considerata ostacolo per un soddisfacente allattamento al seno. Al contrario, offre benefici di cui vale la pena approfittare.
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