Bambini malati o bambini vivaci?
Se il bambino sia vivace o se soffra di una malattia, di un disturbo o di un deficit di attenzione è un dilemma da cui sono colti soprattutto i genitori. Esistono sempre degli elementi chiave, ma anche degli specialisti adeguati che possono chiarire questo dubbio con obiettività. Le linee di demarcazione tra ciò che viene considerato un comportamento “normale” e questo genere di condizioni risultano sempre sottili ai nostri occhi. Per gli esperti, invece, sono chiare, perché si basano sui sintomi. In questo articolo vogliamo quindi spiegarvi come distinguere i bambini vivaci da quelli che potrebbero avere un disturbo più serio.
Sono sempre di più, nel mondo, i bambini a cui vengono diagnosticati disturbi del comportamento come il disturbo da deficit di attenzione (o ADD, la sua sigla inglese). Secondo un recente studio, l’impiego di farmaci nel trattamento di questi disturbi si è triplicato dal 1993.
E sempre di più ci preoccupiamo per il fatto o per la possibilità di avere un figlio sottoposto a trattamento medico. Ci domandiamo se i nostri figli sono ammalati oppure se sono solamente dei bambini vivaci. Per questa ragione, è bene che ci sia ben chiaro quali sono i sintomi. I bambini che soffrono di ADD, secondo quanto viene spiegato da un comunicato della BBC di Londra, presentano problemi di attenzione, impulsività e iperattività.
Per poter formulare una diagnosi, affermano gli esperti, questi sintomi devono essere persistenti ed essere presenti in tutti gli ambienti in cui il bambino si trova ad agire, come la casa, la scuola, ecc. Il comunicato stampa segnala che, a causa di questi sintomi, il bambino ha difficoltà a interagire socialmente, soffre di problemi di comportamento e presenta un basso rendimento scolastico.
Non basta essere bambini vivaci per avere l’ADHD
I più critici affermano che il cattivo comportamento infantile è oggetto di un eccesso di trattamento medico e che vengono utilizzate etichette mediche per giustificare la disubbidienza dei bambini vivaci. Fino a qualche anno fa, il problema consisteva nel fatto che non esisteva una prova che dimostrasse la presenza del disturbo. La diagnosi veniva formulata in base a un questionario a carattere soggettivo.
Per fortuna, le cose sono cambiate. Alcuni ricercatori dell’Università di Cardiff sono riusciti a stabilire, per la prima volta, le differenze genetiche presentate dai bambini che soffrono del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) rispetto a quelli che non ne soffrono. La speranza degli scienziati è che la constatazione di questa relazione tra genetica e ADHD consenta di valutare in modo clinicamente rigoroso una condizione molto diffusa tra bambini e adolescenti, così come di contribuire al superamento dello stigma che comporta.
La scoperta consiste in ciò che segue: il disturbo da deficit di attenzione e iperattività ha un’origine genetica. L’indagine, realizzata dal team di scienziati dell’Università di Cardiff, nel Galles, rileva che l’ADHD è un disturbo dello sviluppo neurologico. In altre parole, i cervelli dei bambini con ADHD sono diversi dai cervelli degli altri bambini.
Secondo quanto dichiarato da una ricercatrice in un comunicato dell’Università di Cardiff, “Troppo spesso la gente crede che questo disturbo sia il frutto di una cattiva educazione o di una dieta povera. Ora, invece, si può affermare con sicurezza che l’ADHD è una malattia genetica e che i cervelli dei bambini che soffrono di questa condizione si sviluppano in maniera differente”.
9 elementi sulla malattia
- L’ADHD compare con maggior frequenza nei maschi che nelle femmine. La sua incidenza, però, non presenta differenze tra diverse aree geografiche, gruppi culturali o livelli socioeconomici.
- Attualmente, si stima che l’ADHD colpisca tra il 5% e il 10% della popolazione infantile e giovanile, e che rappresenti tra il 20% e il 40% delle visite ai servizi di psichiatria infantile e giovanile.
- Si tratta di un disturbo eterogeneo dello sviluppo di natura neurobiologica. È un disordine biologico che ha vaste ripercussioni sul comportamento di chi ne soffre.
- È caratterizzato da attenzione labile e dispersiva, impulsività ed eccesso di attività motoria in relazione all’età del bambino.
- Questo disturbo è noto dal 1902.
- Ciò che caratterizza maggiormente un bambino che soffre di questo disturbo è la sua mancanza di attenzione. Qualunque dettaglio lo distrae. Con il crescere degli stimoli, aumenta anche la sua difficoltà nel concentrarsi.
- In casa, i bambini con ADHD hanno difficoltà nel seguire gli ordini. Quando si parla loro, sembra che non ascoltino. Sono disorganizzati. Non sanno mai dove hanno messo le loro cose e i loro giocattoli. Perdono il materiale scolastico e sono distratti.
- A scuola commettono errori perché non si concentrano sui lavori o sulle diverse attività che devono realizzare. Saltano spesso da un compito all’altro senza concluderlo ed evitano situazioni che comportano uno sforzo mentale costante.
- Agiscono spesso d’impulso, senza riflettere né pensare alle conseguenze, ai rischi o ai pericoli che possono correre loro stessi o gli altri.
Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.
- Pascual-Castroviejo, I. (2008). Trastornos por déficit de atención e hiperactividad (TDAH). Asociación Española de Pediatría y Sociedad Española de Neurología Pediátrica. Protocolos de Neurología, 12, 140-150.
- Yunta, J. A. M., Palau, M., Salvadó, B., & Valls, A. (2006). Neurobiología del TDAH. Acta Neurol Colomb, 22(2), 184-189.