Louise Joy Brown, il primo bebè in provetta

Louise Joy Brown, il primo bebè in provetta
María José Roldán

Revisionato e approvato da lo pedagoga María José Roldán.

Ultimo aggiornamento: 17 aprile, 2023

Il primo bebè in provetta del mondo è stata una bambina di nome Louise Joy Brown, nata il 25 luglio 1978 in maniera poco convenzionale e controversa per quei tempi. Questa nascita fu il risultato di un innovativo processo di fecondazione in vitro, che la stampa definì “bebè in provetta”.

A quei tempi, questo processo era sperimentale, per questo venne mantenuta una grande riservatezza durante tutto il suo sviluppo. Si trattava di un esperimento complicato, perché i medici incaricati di effettuarlo, guidati da Mike Macnamee, avevano già provato senza esito con centinaia di embrioni; per questo è stato un vero e proprio “miracolo” che Louise sia riuscita a nascere.

Oggi invece si può parlare di milioni di bambini nati per mezzo di questo processo, che è utile per i genitori che hanno problemi a concepire in modo naturale e anche per le madri single e le coppie dello stesso sesso.

L’esperimento “in provetta”

Il fisiologo Robert Edwards, vincitore del Premio Nobel per la Medicina, e il ginecologo Patrick Steptoe furono i medici incaricati di effettuare questo esperimento che portò la speranza a Lesley e John, i genitori di Louise. I medici avvertirono la coppia che le probabilità di successo erano una su un milione e a partire da quel momento, il segreto fu assoluto.

Questa coppia d’assi della medicina aveva fatto dei passi da gigante: per esempio, Patrick Steptoe aveva progettato e realizzato un metodo attraverso il quale fu in grado di estrarre gli ovuli dalle ovaie di una donna; da parte sua, Edwards era riuscito a fecondare gli ovuli in laboratorio.

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Pertanto, l’unione delle loro forze li portò a fare esperimenti nella stessa direzione per almeno dieci anni, riuscendo in cose che si ritenevano impossibili. Le capacità di questi medici erano complementari, per cui la sperimentazione li condusse alla fecondazione in vitro, FIV, così come la conosciamo.

Il processo consiste nell’ottenere i gameti femminile e maschile, cioè l’ovulo e lo spermatozoo, i quali vengono uniti per mezzo di un metodo particolare in laboratorio. Questa procedura medica era una vera sfida per quei tempi, ed era anche motivo di allarme e controversie.

La fecondazione in laboratorio era, secondo molti, contro natura e riprovevole, ma il vero problema dei medici era che potevano fecondare facilmente l’ovulo con metodi artificiali, ma trasferire l’embrione e impiantarlo di nuovo nell’utero non era una cosa semplice.

Pareri divergenti

E così, si associarono una serie di strutture sociali per consentire la nascita di Louise Brown. La clinica Bourn Hall di Cambridge, che fu la prima al mondo ad effettuare la FIV, accettò la richiesta del governo affinché il processo venisse documentato, al fine di ottenere le prove necessarie sia per attestare il procedimento che la paternità dei Brown.

Al momento della nascita di Louise, la notizia era ancora ignota, anche il giorno stesso del parto: si pensa che la madre sia stata portata in segreto in sala operatoria. Sarebbe stato un cesareo molto particolare, con pochi membri del personale medico a conoscenza di ciò che stava succedendo.

Il padre della bambina andò a trovarla sotto la custodia della polizia e la stampa restò ai margini di questo importante evento per molto tempo. Fu necessario attendere che tutte le prove si rivelassero positive, perché finalmente venisse divulgato quell’importante progresso; erano state superate con successo quasi tutte le tappe, ma ancora non si sapeva se di fatto sarebbe stato un bambino normale.

Louise Brown
Louise Brown

Più avanti, la famiglia ricevette dei riconoscimenti e restituì la speranza ad altri milioni di famiglie. Ma fu anche oggetto di odio e di dure critiche, perché esiste l’idea che con questo processo si giochi senza scrupoli con la vita umana.

La Chiesa, allora rappresentata da Giovanni Paolo I, fu comprensiva e accettò che i Brown facessero ciò per la loro esigenza di avere un figlio. Tuttavia, anni dopo papa Francesco annunciò che questo procedimento dà più valore al diritto di avere un figlio che al fatto di riceverlo come un dono prezioso; anche Francesco ritiene che si giochi con la vita.

Con il tempo, le tecniche si sono affinate e hanno trasformato i medici in “genitori” di più di cinque milioni di bambini in provetta. Ciò ha consentito loro di ricevere più commenti positivi che negativi; tuttavia, superato il XXI secolo, la FIV non ottiene ancora totale approvazione sociale.


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