Bao, un cortometraggio sulla sindrome del nido vuoto

La protagonista di Bao deve accettare che suo figlio sia diventato grande e indipendente. Un passaggio che può essere difficile per una madre.
Bao, un cortometraggio sulla sindrome del nido vuoto
Ana Couñago

Scritto e verificato la psicologa Ana Couñago.

Ultimo aggiornamento: 10 marzo, 2023

Bao è un corto della Pixar sulle conseguenze dello smettere di prendersi cura dei figli quando diventano adulti e autonomi. Questo piccolo racconto sulla sindrome del nido vuoto ha vinto l’Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione nel 2019.

Si tratta del primo cortometraggio Pixar diretto da una donna. La sua ideatrice, Domee Shi, rappresenta in modo eccelso e in soli tre minuti, i sentimenti provati da una madre quando il figlio incomincia a vivere la propria vita.

L’importante per una famiglia non è vivere insieme, ma restare uniti”.

-Anonimo-

Bao: la sindrome del nido vuoto

La protagonista è una donna cino-canadese che si sente sola e triste. All’inizio del corto la vediamo in cucina mentre prepara i bao, i soffici panini ripieni e cotti al vapore della cucina cinese.

Bao, scena del cortometraggio
© Becky Neiman-Cobb

Mentre è a tavola con il marito frettoloso e distratto, la donna vede, con grande sorpresa, che uno di questi bao prende vita e piange. A partire da questo momento, si prende cura e nutre il piccolo panino al vapore, come se fosse un figlio. Il bao a poco a poco cresce, domandando sempre più libertà e autonomia. La madre, tuttavia, è iperprotettiva, arrivando al punto di proibirgli di giocare al pallone.

Arrivano gli anni dell’adolescenza e della ribellione e il panino non vuole più passare il proprio tempo libero con la mamma. Questo è difficile da accettare per la donna. Il dramma nasce quando il figlio le presenta la sua fidanzata e le annuncia la decisione di andare a vivere con lei, di abbandonare il nido.

Questa situazione è inaccettabile per la donna la quale, in un attacco di stress, nervoso e rabbia, inghiottisce il panino al vapore, vale dire, il proprio figlio. Naturalmente si pente subito dopo, singhiozzando sconsolata.

La donna è adesso in camera da letto, sola e triste. Ed è a questo punto che fa capolino nella storia il vero figlio, che non è certo un bao, ma un uomo. È l’occasione per riavvicinarsi e per dimostrarsi l’affetto reciproco.

Vediamo, infine, tutta la famiglia riunita, fidanzata del figlio compresa, mentre felici cucinano i panini al vapore. L’ultima inquadratura è il viso soddisfatto e felice di una donna che ha infine superato la sindrome del nido vuoto.

Bao, la famiglia a tavola
© Becky Neiman-Cobb

Alcune riflessioni sul cortometraggio

Questo bellissimo corto d’animazione ci fa riflettere su quanto sia importante, per una madre, prepararsi alla partenza dei figli. La prima cosa da accettare è che si tratta di un evento che, prima o poi, capiterà.

I bambini crescono, diventano adolescenti, giovani e adulti con il bisogno naturale di creare un progetto di vita. Non bisogna guardare a questa necessità con tristezza o sconforto, ma come una tappa in più nel percorso della maternità.

Se avete dedicato tempo ed energia a educare e crescere i vostri figli nel miglior modo possibile, si è creato di certo un forte legame d’amore. Questo filo che unisce i genitori ai figli è indissolubile, anche quando gli ultimi decidono di creare un proprio nido.

“Presto o tardi se ne andranno, e il viaggio della vita è lungo. Viaggeranno con bagagli leggeri e porteranno con sé solo i valori e l’amore che siete riusciti a dar loro, mentre erano vostri. Solo allora la vita stessa vi dirà se il vostro legato e i vostri insegnamenti sono stati buoni. Ma ricordate che presto o tardi se ne andranno.

-Joel Tumas Rubin-


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