Evoluzione del linguaggio nei bambini: lo stadio prelinguistico

“L'apprendimento è qualcosa di più dell'acquisizione della capacità di pensare. È l'acquisizione di numerose abilità per pensare ad una grande varietà di cose” (Lev Vygotsky).
Evoluzione del linguaggio nei bambini: lo stadio prelinguistico
Marta Crespo Garcia

Scritto e verificato l'educatrice Marta Crespo Garcia.

Ultimo aggiornamento: 01 marzo, 2023

I bambini stabiliscono una comunicazione e un contatto con l’esterno attraverso i sensi. Sin dalla nascita sono capaci di comunicare il loro bisogni e le loro esigenze. Durante il primo anno di vita, assistiamo all’evoluzione del loro linguaggio. Da un semplice esercizio articolatorio si arriva alla pronuncia delle prime parole che hanno un senso. Questo è quello che si definisce come lo stadio prelinguistico.

Evoluzione del linguaggio: caratteristiche dello stadio prelinguistico

Nello sviluppo e nell’evoluzione del linguaggio si distinguono due fasi: lo stadio prelinguistico e lo stadio linguistico. Il primo interessa i primi dodici mesi di vita, mentre il secondo stadio inizia con le prime parole e riguarda il periodo di acquisizione del linguaggio in cui il bambino inizia a integrare il contenuto (l’idea) con la forma (la parola).

Nei primi mesi di vita, lo sviluppo del linguaggio è strettamente legato al processo di socializzazione. Il bambino impara a comunicare le sue intenzioni non solo attraverso il pianto, ma anche utilizzando gli occhi, i gesti e i sorrisi.

Questa forma primaria di comunicazione pone le basi per la successiva comunicazione verbale. Inoltre, contribuisce allo sviluppo della figura di attaccamento, che è essenziale nell’evoluzione socio-affettiva del bambino.

bambina che parla al telefono

Lo stadio prelinguistico prevede una sequenza evolutiva che comprende quattro fasi:

Prima fase: vocalizzazione riflessa e gorgoglii (0-2 mesi)

Durante il primo mese di vita, i bambini emettono solo vocalizzazioni riflesse o esternalizzazioni sonore. Con il pianto il neonato inizia il processo comunicativo e, a seconda della tonalità, ci comunica diverse informazioni: dolore, fame, freddo, sonno o il riflesso di qualsiasi stato di benessere o di disagio.

Attraverso il pianto, il bambino è in grado di comunicare i suoi bisogni e, se sono soddisfatti, lo utilizzerà intenzionalmente. Intorno al secondo mese di vita i neonati iniziano a emettere spontaneamente dei suoni che vengono chiamati gorgoglii.

La seconda fase dell’evoluzione del linguaggio: borbottii e giochi vocali (3-6 mesi)

A partire dal terzo mese, i neonati passano dal produrre suoni isolati ad emettere suoni volontari e intenzionali. Iniziano un borbottio chiaro e costante con suoni gutturali e vocali. Ad esempio, emettendo suoni come “ga” e “ghe”.

Per loro è una specie di gioco e un’occasione per utilizzare e controllare i vari organi dell’apparato fonatorio. Allo stesso tempo, si divertono ad ascoltare la loro voce. Ai neonati piace gridare per ascoltare la propria voce ed emettere dei suoni simili alle fusa quando si intrattengono con i loro giochi.

Jean Piaget ritiene che durante questo periodo il bambino si accorge che le fonazioni, i gorgoglii, gli applausi con le mani e i suoni gutturali che produce hanno un effetto sull’ambiente circostante. In questo modo impara a comunicare, stabilendo delle relazioni tra i suoni che emette e l’effetto che producono intorno a lui.

La terza fase dell’evoluzione del linguaggio: borbottii ripetuti e imitazione di suoni (6/9-10 mesi)

Attraverso i borbottii e i giochi articolatori, il bambino inizia a controllare l’emissione di diverse vocali e consonanti e di alcuni fonemi. Intorno all’ottavo mese, il bambino comincia ad emettere dei suoni polisillabici. Ad esempio, “ba”, “pa”, “da”, “ga”, “ma”, ecc., iniziando così la lallazione e la produzione di suoni ripetitivi.

Le lallazioni consistono nell’emissioni di suoni raddoppiando o triplicando le sillabe: “mamama”, “mamimami”, “uiuiui”, “bababa”, “papapa”, “nanana”, “tatata”, ecc. Queste vocalizzazioni, a loro volta, porteranno il bambino a pronunciare “per caso” le sue prime parole.

mamma che insegna a parlare alla figlia

Dal sesto mese in poi, i neonati iniziano a osservare e imitare i movimenti, i suoni e i gesti. Mostrano anche un interesse particolare nell’ascoltare i discorsi degli adulti e trovano piacere quando qualcuno li ascolta o parla con loro. Questa interazione che il bambino cerca con gli adulti conferma gli studi di Bruner.

Jerome Bruner ha studiato lo sviluppo e l’evoluzione del linguaggio in relazione all’interazione sociale. Riteneva che fossero necessari adeguati contesti di interazione per l’apprendimento del linguaggio. Pertanto, in questa fase, gli adulti devono creare dei contesti comunicativi in cui il bambino può interagire per sviluppare il suo linguaggio.

Quarta fase: la comunicazione intenzionale (9-10/12 mesi)

Raggiunto il primo anno di vita, il bambino inizia a comunicare in modo intenzionale. Indica gli oggetti, dice “no” con la testa e “ciao” con la mano, capisce gli ordini semplici e reagisce quando sente il suo nome.

Dopo il primo anno, i suoni polisillabici iniziano ad avere un significato reale. I bambini cominciano a pronunciare con cognizione “mamma”, “papà”, “nonno” e sono in grado di imitare i suoni degli animali (“bau”, “miao”, “muu”, ecc). Inoltre, inventano delle parole onomatopeiche che per loro hanno un significato.

Nell’evoluzione del linguaggio del bambino, la famiglia e gli adulti svolgono un ruolo molto importante in quanto stimolano da un punto di vista lessicale il bambino. Nelle “conversazioni” bisognerà cercare di associare il significante fonico (la parola parlata) al significato (l’oggetto a cui la parola si riferisce). In questo modo il bambino può associare e fissare nel suo cervello la relazione tra suono e oggetto.


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