Una favola per imparare a gestire le emozioni negative

Se non sappiamo gestirle, le emozioni negative possono impedirci di affrontare con coraggio le sfide e le difficoltà della vita. Ma le fiabe possono aiutare i bambini a conoscerle e a superarle.
Una favola per imparare a gestire le emozioni negative
María Alejandra Castro Arbeláez

Scritto e verificato la psicologa María Alejandra Castro Arbeláez.

Ultimo aggiornamento: 16 febbraio, 2020

Quella che vi presentiamo oggi è una storia di amicizia e di coraggio, una favola per imparare a gestire le emozioni negative.

Le fiabe sono un valido strumento per entrare in contatto con il proprio mondo interiore. Le storie che insegnano ad affrontare le grandi sfide, ad esempio, permettono al bambino di imparare a gestire ciò che sente in modo sano, assertivo e maturo.

La principessa e il drago Smeraldo: una favola per imparare a gestire le emozioni negative

In un regno molto lontano viveva una principessa. I suoi genitori, che l’amavano profondamente, erano padroni di un grande castello circondato da boschi e da montagne. C’erano animali di ogni sorta: dai minuscoli topini agli enormi elefanti, e tutti vivevano felici, rispettandosi l’un l’altro.

Il miglior amico della principessa era un leoncino. Giovavano insieme tutti i giorni. Il loro passatempo preferito era raccontarsi le storie, anche quelle paurose che poi tengono svegli tutta la notte. Tranne una. La storia che più spaventava la principessa era la leggenda del drago Smeraldo. Era un drago tanto grande quanto cattivo che si divertiva a terrorizzare uomini e animali.

La leggenda del drago Smeraldo

Quando il leone attaccava a parlare del drago Smeraldo, la principessa si infuriava. Lo rimproverava e lo insultava perché sapeva che avrebbe tremato di paura per buona parte della notte, rigirandosi nel letto senza riuscire a chiudere occhio. Il leone, che era un gran burlone, si divertiva un mondo a spaventarla.

Una notte però la principessa si arrabbiò così tanto che prese una pietra e la scagliò contro l’amico. Il leoncino, dolorante e in lacrime, aprì la porta e se andò. La principessa era molto dispiaciuta. Non osava raccontare ai suoi genitori quanto era successo, sicura che si sarebbe buscata un rimprovero.

Il giorno dopo, la principessa andò a bussare alla porta dell’amico, ma il leoncino era scomparso. Fu cercato in ogni angolo, inutilmente. Per tre giorni e tre notti non si seppe più nulla di lui, infine un topolino disse di averlo visto. Era prigioniero nel covo del drago Smeraldo.

– Non c’è più niente da fare – dissero tutti. La principessa era spaventata e confusa. Voleva aiutare l’amico, ma aveva molta paura. Il padre e la madre continuavano a non capire perché la figlia fosse così triste, e questo la faceva soffrire ancora di più.

Infine, una notte la principessa si armò di coraggio e di una spada e uscì a cercare il drago. Lo trovò rintanato in un buco, nelle profondità del bosco. Appena lo vide ebbe voglia di tornare indietro: il drago era molto più grande di quanto aveva immaginato. Ma in quel momento si ricordò che doveva essere coraggiosa e si avvicinò tremando al mostruoso rettile.

La principessa affronta il drago nel suo covo

– Libera il mio amico o ti trapasso con la mia spada, drago malvagio – gridò la bambina. Ma con grande sorpresa, vide che il drago era perplesso. Non aveva rapito il suo amico. Il leoncino si era perso nel bosco e si era fatto male. Il drago gli stava curando le ferite.

La principessa restò di sasso. Sentiva che quell’essere gigantesco stava dicendo la verità. E non sembrava neanche così cattivo. Fu a quel punto che si vergognò per aver pensato male del drago senza conoscerlo.

Imparare dalle favole a gestire le emozioni, mamma legge al bambino

– Io pensavo che tutti i draghi fossero cattivi – disse lei. Il drago rispose che non bisogna fidarsi delle apparenze. Quello che conta non è ciò che si vede, ma quello che si ha dentro. La bambina capì di aver giudicato il drago dalle dimensioni e dai suoi enormi denti. La leggenda lo descriveva come crudele; nessuno sapeva che quello, invece, era un drago buono come il pane e la sua bellezza era tutta nascosta all’interno.

Viveva in solitudine nel bosco perché nessuno riusciva ad avvicinarsi a un essere tanto enorme e pauroso. Il piccolo leone aveva invece deciso di restare con lui perché non si sentisse più solo ed erano diventati grandi amici. Quando la principessa rivide il suo migliore amico, sano e salvo, corse a chiedergli perdono.

Non camminare davanti a me, potrei non seguirti. Non camminare dietro di me, non saprei dove condurti. Cammina al mio fianco e saremo sempre amici.

-Albert Camus-

La principessa e il leone fanno pace

– Perdonami, ti prego. So di avere sbagliato ad arrabbiarmi tanto e soprattutto a farti del male. Non succederà più – disse la principessa abbracciando l’amico.

– Sei perdonata – disse il leoncino, ma aggiunse – Sei stata proprio coraggiosa e questo mi ha dimostrato che mi vuoi molto bene -.

Il leoncino cominciò a raccogliere le sue cose, ma quando fu sul punto di andare via con la principessa, propose al drago Smeraldo di venire via con loro. Era buono e simpatico, meritava di avere amici e di essere felice. Anche la bambina fu d’accordo e i tre si incamminarono allegri verso il regno.

Cucciolo di leone

Non appena il re e la regina videro il drago, si spaventarono moltissimo. Ma la principessa fu pronta a raccontare l’intera vicenda e ottenne, alla fine, di poterlo tenere con sé.
Dopo essersi confidata con i genitori, si sentì leggera, come se l’avessero liberata di un enorme macigno. La principessina capì, quindi, che le cose sarebbero state un po’ più facili se avesse detto subito la verità ai genitori.

Una favola per imparare a gestire le emozioni più difficili: cosa ci insegna?

Come andò a finire? Che il drago diventò amico di tutti, uomini e animali. E a tutti insegnò qualcosa di utile. E noi cosa possiamo imparare da questa favola?

La prima è che bisogna affrontare i problemi con coraggio. La seconda, che non bisogna giudicare dalle apparenze. La terza, che la rabbia porta solo guai e la quarta, che quando confidiamo i nostri problemi a qualcuno, ci sentiamo molto molto meglio.


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