L'importanza del pianto nei bambini
Quando i bambini sono ancora piccoli, i genitori sono abituati al loro pianto, perché sanno che si tratta di una cosa assolutamente normale nel corso dello sviluppo. Fino a una certa età, i bambini non hanno altro modo per mostrare le proprie emozioni o far capire agli adulti che li circondano quali sono le loro necessità fondamentali che vanno soddisfatte.
È molto importante che i bambini possano piangere. Che cosa accade, allora, quando piangono anche i bambini che sono un po’ più grandi?
I bambini piangono quando hanno bisogno di esprimere delle emozioni
Che i bambini piangano è la cosa più normale e naturale che possano fare. Anzi, il pianto non è qualcosa che deve essere represso, ma va interpretato come la necessità del bambino di mostrare le proprie emozioni.
Quando un bambino è piccolo non dispone ancora delle competenze necessarie per mostrare le sue emozioni negative (ira, rabbia, tristezza…). Il pianto è una maniera di mostrare queste emozioni e incanalare, così, i sentimenti che le generano.
I piccoli, però, devono imparare che le emozioni vanno comprese. È compito dell’adulto, quindi, far capire loro cosa sta succedendo, per quale motivo piangono e dare un nome alle emozioni. In questo modo i bambini saranno in grado di comprendere perché piangono e di controllare meglio le loro reazioni e i loro comportamenti futuri.
Ma… attenzione! Insegnare ai bambini a capire le proprie emozioni non significa proibire che le esprimano.
Il pianto è una maniera salutare di esprimere le emozioni forti
Anche noi adulti ricorriamo al pianto per esprimere tristezza, disperazione o ira. Le lacrime sono un mezzo per liberare le emozioni, ed è noto che sopprimere le emozioni non è una cosa salutare. Al contrario, può provocare numerosi problemi psicologici.
Ai genitori può risultare piuttosto fastidioso sentire i figli piangere. È un suono che spezza loro il cuore. Dovete tenere presente, però, che, proprio come accade agli adulti, il pianto è una maniera salutare di esprimere e liberare le emozioni forti.
Bisogna fare attenzione al modo in cui reagiamo di fronte al pianto dei figli. È necessario comportarci nella maniera adeguata per assicurare loro un corretto sviluppo sociale e per evitare che la loro autostima non rimanga danneggiata.
Non bisogna proibire il pianto a nessuna età
Il pianto è una reazione naturale dell’essere umano, che serve a esprimere e incanalare le emozioni. Di conseguenza, non bisogna mai (mai!) proibire a un bambino di piangere. L’adulto deve cercare la ragione che provoca il pianto e, con il bambino, trovare la soluzione al suo malessere, sempre attraverso il rispetto, la comprensione e l’empatia.
È un errore pensare che i bambini debbano comprendere come controllare le proprie emozioni imparando a non piangere. Non sarà mai una soluzione, in nessun caso. I bambini devono piangere, perché hanno due anni e fanno i capricci, oppure perché, da adolescenti, hanno qualche problema con gli amici. Il pianto li aiuterà a capire che non stanno bene e che devono cercare una soluzione al loro malessere.
Non bisogna mai ignorare il pianto di un bambino
Se i tentativi di un bambino di comunicare le proprie emozioni di ira o tristezza vengono regolarmente ignorati, il piccolo penserà che le sue emozioni non sono importanti (con gravi danni per la sua autostima). Inoltre, non avrà la possibilità di imparare come esprimere a parole i propri sentimenti.
Quando un bambino piange, deve ricevere dall’adulto una risposta adeguata e positiva, così che possa rendersi conto che i suoi sentimenti vengono accettati. Se i suoi sentimenti non sono accettati o vengono ignorati, oppure se il pianto viene addirittura punito, il messaggio che riceverà sarà che l’ira o la tristezza non sono accettati, e che la maniera in cui vengono espressi non ha alcuna importanza (generando, così, un comportamento aggressivo, dovuto al non saper esprimere le emozioni e al non sapere perché questi sentimenti si presentano).
È impossibile che un bambino capisca che un’espressione di tristezza, rabbia o ira può essere accettata, se pensa che i suoi adulti di riferimento rinnegano queste emozioni.
Un bambino può comunicare solo se gli si permette di farlo, così che, nel corso della crescita, possa rendersi conto che i suoi sentimenti vengono valorizzati e avere così abbastanza confidenza con i suoi genitori per poter comunicare ed esprimere quello che gli succede.
Tutti i bambini fanno il possibile a seconda della loro età, la loro esperienza e le circostanze in cui si trovano per poter esprimersi e comunicare nella maniera migliore di cui sono capaci. Hanno bisogno di imparare: quindi, è ingiusto punire un bambino perché tenta di comunicare.
Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.
- de Cock, E. S., Henrichs, J., Rijk, C. H., & van Bakel, H. J. (2015). Baby please stop crying: An experimental approach to infant crying, affect, and expected parenting self-efficacy. Journal of Reproductive and Infant Psychology, 33(4), 414-425. https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/02646838.2015.1024212
- Long, T., & Johnson, M. (2001). Living and coping with excessive infantile crying. Journal of advanced nursing, 34(2), 155-162. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1046/j.1365-2648.2001.01740.x
- Jones, S. (1992). Crying baby, sleepless nights. Houghton Mifflin Harcourt.
- Illingworth, R. S. (1955). Crying in infants and children. British medical journal, 1(4905), 75. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2060770/
- Hiscock, H., & Jordan, B. (2004). 1. Problem crying in infancy. Medical journal of Australia, 181(9), 507-512. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.5694/j.1326-5377.2004.tb06414.x