Come insegno a mio figlio cos'è il pericolo?

Come insegno a mio figlio cos'è il pericolo?
María Alejandra Castro Arbeláez

Revisionato e approvato da la psicologa María Alejandra Castro Arbeláez.

Ultimo aggiornamento: 27 dicembre, 2022

Quando il bambino inizia a muoversi, con il girello, gattonando oppure facendo i suoi primi passi, comincia ad affacciarsi il nemico di ogni madre: il Pericolo. E con esso, le preoccupazioni, le paure e i momenti difficili.

Non è strano vedere i genitori correre dietro i loro figli intenti a monitorarli continuamente, al fine di salvare questi mini kamikaze da qualsiasi tipo di urto o caduta a causa della goffaggine tipica dei loro movimenti iniziali. A favore della preoccupazione materna, vi è l’incapacità dei piccoli di individuare e stimare il pericolo.

Incapacità, tra l’altro, del tutto comprensibile visto che la loro curiosità e voglia di scoprire il mondo sono più forti delle loro paure e della loro mancanza di equilibrio; vale la pena di rischiare per conoscere e giocare.

Per questo stesso motivo, risulta fondamentale non solo proteggere il piccolo da possibili incidenti e guidarlo durante le situazioni rischiose, ma insegnargli anche cos’è il pericolo. Ma come fare per fargli apprendere questo concetto? Scopritelo in questo articolo.

Per spiegare il pericolo si possono fornire soluzioni pratiche

Perché mio figlio non capisce cos’è il pericolo?

Secondo gli psicologi, le prime strutture sviluppate nel cervello sono quelle emotive, affettive, sensoriali, motorie, etc. E anche se l’interiorizzazione di norme, il concetto di pericolo, l’astrazione e il comportamento si sviluppano in tenera età, tale processo si conclude una volta raggiunti i 18 mesi  

Bisogna chiarire che tra i 10 e i 12 anni, tramite il pensiero astratto, il piccolo dispone già della capacità di prevedere il rischio. Tuttavia, ciò dipenderà sempre dall’ambiente circostante, dall’educazione ricevuta e dalle informazioni date al bambino riguardo ai pericoli della vita quotidiana.

Insegnare il pericolo non vuol dire seminare il panico

A volte è impossibile evitare che si presenti il pericolo quando i bambini dispongono di un’energia inesauribile e di una motivazione alimentata da una vorace curiosità e dal dominio di nuove abilità psicomotorie. Grazie ad esse, i bambini sembrano essere assai facilmente sedotti dal rischio e dalla difficoltà.

L’ideale, dunque, sarebbe fare attenzione al fine di anticipare quello che potrebbe succedere così da evitare incidenti o spaventi inutili. Questo vuole dire vigilare continuamente sul proprio bambino ed evitare di lasciarlo solo. Quando si presenta il pericolo, approfittane per spiegargli dove si trova e cosa può capitare.

Non si tratta di terrorizzare il bambino, ma non fa male insegnargli alcune basilari norme di sicurezza, perché comprenda le conseguenze dei pericoli e ne stia alla larga. Bisogna avere pazienza, perché anche se vostro figlio  non parla, vi capisce e i vostri insegnamenti saranno recepiti.

Altre madri, invece, decidono di equipaggiare la casa con misure di sicurezza a prova di bambini: chiusure di sicurezza alle finestre, cancelletti per scale e terrazzi, copriprese e paraspigoli sono alcuni degli strumenti più usati.

E che ne dite di mettere sottochiave medicine e prodotti di igiene e per la pulizia? Allo stesso modo, per evitare il pericolo, potete liberare il percorso del piccolo dagli ostacoli, anche se qualsiasi misura non garantirà al 100% una fronte priva di bernoccoli o un corpo senza lividi.

Attenzione! Nel tentativo di proteggere tuo figlio, non dovete diventare  madri iper-protettive. I bambini, infatti, devono imparare da soli e non devono essere limitati da eccessive cure genitoriali. Tutti questi consigli hanno come obiettivo di non rendere il piccolo temerario né timoroso, ma prudente.

Gruppo di ragazzi che corre all'aria aperta

La nozione di pericolo arriva con la crescita

Quando un bambino raggiunge i 5 o 6 anni di vita, dispone di una profonda conoscenza del mondo e dei rischi che esso comporta. Tale comprensione del pericolo è frutto di varie esperienze spiacevoli, come una caduta o la sua associazione al dolore, o come la sensazione di essersi perso e di ansia.

Per questo motivo, gli specialisti affermano che i bambini non comprendono che qualcosa è pericoloso fino ad una fase piuttosto avanzata; a quel punto, evitano persino le attività rischiose non perché sappiano cosa sia il pericolo, bensì per non provare più dolore.

Tra i 10 e i 12 anni si sviluppano i lobi frontali e la capacità di inibizione di impulsi, dando origine alla conoscenza di concetti più astratti e, con essi, all’idea di pericolo tramite un’intelligenza pratica.

Gli esperti concordano nell’affermare che il modo migliore perché i bambini assimilino questi concetti e nozioni sia fornire loro spiegazioni chiare e concise, non dialoghi estesi, noiosi ed esagerati; allo stesso modo, è possibile ricorre a giochi e simboli.

Per indicare le possibili conseguenze di una situazione pericolosa con calma e senza allarmare i piccoli, un’altra strategia è sfruttare la ricchezza degli esempi nelle filastrocche, nei racconti e nei programmi che presentano sempre una morale ispirata alla realtà. In questo modo, il bambino può interiorizzare queste emozioni estranee, ma familiari.

Come gli insegno cos’è il pericolo?

Secondo i professionisti della salute mentale, i piccoli hanno bisogno di conoscere da soli il mondo mentre i genitori devono limitarsi a fungere da supporto, riducendo i rischi ed evitando incidenti. A tal fine, ti presentiamo alcune linee guida orientative:

  • Insegna a tuo figlio a mantenere la calma.
  • Alimenta la fiducia in se stesso affinché esplori il suo ambiente circostante basandosi sui suoi mezzi personali.
  • Spiegagli il significato del pericolo.
  • Mostragli le conseguenze dei suoi comportamenti.
  • Spiegagli con esempi chiari come evitare i pericoli.
  • Utilizza giochi e favole per mostrargli cosa può essere pericoloso.

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.