Disturbo da deficit di attenzione: realtà o finzione?

Il disturbo da deficit di attenzione è al centro di molte discussioni e preoccupazioni ultimamente, e parecchi genitori si chiedono se non venga diagnosticato con troppa facilità.
Disturbo da deficit di attenzione: realtà o finzione?
Olga Carbajo

Scritto e verificato la biologa Olga Carbajo.

Ultimo aggiornamento: 20 gennaio, 2023

Il disturbo da deficit di attenzione (ADHD / Attention Deficit Hyperactivity Disorder), con o senza iperattività, è forse una delle patologie più controverse del nostro tempo. Probabilmente, l’eterogeneità della sindrome fa sì che a molti bambini problematici venga diagnosticata questa patologia.

La mancanza di criteri specifici non aiuta la comunità scientifica a stabilire una diagnosi certa. Le terapie attuali non garantiscono la guarigione dei pazienti perché le origini o le cause del disturbo non sono ancora chiare.

I trattamenti per curare i sintomi, basati sull’uso di metanfetamine e di farmaci denominati stimolanti come il Ritalin, finiscono per essere dei palliativi. Allora ci chiediamo: “L’ADHD è una realtà o un’invenzione?”.

Evoluzione storica del Disturbo da Deficit di Attenzione: dalla realtà al mito

Storia del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività

Per cercare le origini degli studi sulla malattia, dobbiamo risalire alla prima metà del XX secolo. In quel periodo, i membri della comunità scientifica iniziarono a descrivere e classificare questa patologia.

Si consideravano affetti da questa malattia, quei bambini che avevano difficoltà a concentrarsi e che mostravano irrequietezza, irritabilità e impulsività. La chiamarono disfunzione cerebrale lieve-minima o sindrome post-encefalica, anche se nessuno di loro aveva mai sofferto di encefalite.

La prima apparizione dell’ADHD nel MSD

Fu nel 1968 che la denominazione “Disturbo da deficit di attenzione” apparve per la prima volta nel Manuale Diagnostico e Statistico (MSD) intesa come sindrome da comportamento ipercinetico dei bambini (o reazione ipercinetica dell’infanzia). È stato possibile includere questo disturbo nel manuale grazie a Leon Eisenberg, un medico americano specializzato in psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Eisenberg convinse la comunità scientifica ed il mondo intero che esisteva un’origine genetica per i sintomi descritti.

bambina con disturbo dell'attenzione

Molti anni dopo, nel 2009, smentì questa affermazione in un’intervista rilasciata al settimanale tedesco Der Spiegel. Inoltre, dato il numero di casi rilevati, sottolineò che negli anni era stato effettuato un numero eccessivo di diagnosi della malattia.

I cambiamenti nella definizione della malattia

Negli anni ’80, la patologia comparve nel DSM-II come “Disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività”. Solo alla fine degli anni ’90, si individueranno i tre sottotipi attuali: combinato, con disattenzione e iperattivo-impulsivo.

Nel corso del secolo, il concetto di ADHD ha subito molti cambiamenti e non sempre nella stessa direzione. Ad esempio, l’iperattività non è stata sempre associata al Disturbo da deficit di attenzione.

Questo rende l’ADHD una patologia che comprende varie malattie psichiatriche infantili, adolescenziali e dell’età adulta che, per essere diagnosticate correttamente, richiedono una grande esperienza dei medici.

Le prove scientifiche dell’esistenza dell’ADHD

Il professor Marino Pérez Álvarez è uno specialista in psicopatologia e tecniche di intervento presso l’Università di Oviedo e coautore de “Il ritorno alla normalità: l’invenzione dell’ADHD e il disturbo bipolare infantile”.

Questo libro, pieno di riferimenti e prove scientifiche, smonta le teorie sul Disturbo da deficit di attenzione. Una delle prove è l’assenza di un biomarcatore cerebrale che dimostri l’esistenza della patologia.

L’autore mette in evidenza ciò che lo stesso Eisenberg, scopritore dell’ADHD, riconobbe in un’intervista prima della morte: la difficoltà di riconoscere la patologia e un eccesso di diagnosi che riguardava i bambini. Secondo il suo libro, l’insieme dei sintomi dell’ADHD risponde più ad un problema comportamentale che ad un quadro clinico.

Inoltre, Marino Pérez Álvarez evidenzia il fatto che le società farmaceutiche abbiano creato un business molto redditizio intorno alle famiglie colpite. Si stima che solo nel 2017, la principale industria farmaceutica che produce i farmaci per contrastare l’ADHD, abbia avuto un giro di affari di circa 1.200 milioni di dollari.

Quindi, l’ADHD è una patologia reale?

È impossibile rispondere a questa domanda. Come genitori, dovremmo domandarcelo, soprattutto data l’alta incidenza della malattia tra la popolazione infantile. Ad esempio, in Spagna, si stima che cinque bambini su cento soffrano di questa patologia, ed il numero tende ad aumentare.

bimbo con disturbo dell'attenzione afferra una sedia

Le varie associazioni che si occupano di monitorare il Disturbo da deficit di attenzione, sostengono che si tratti di una patologia neurologica causata da uno squilibrio di due neurotrasmettitori: la noradrenalina e la dopamina. Entrambe influenzerebbero direttamente le aree del cervello responsabili dell’autocontrollo e dell’inibizione del comportamento inappropriato.

Forse, la comunità scientifica ha bisogno di più tempo per dimostrare che si tratta di una patologia reale e non di una finzione. Sono tempi duri per chi vuole vivere serenamente. I nostri ritmi di vita sono stressanti ed è sempre più difficile conciliare il lavoro e la vita privata.

Tutto questo ci impedisce di dedicare più tempo ai nostri figli. Se sospettate che vostro figlio possa avere dei problemi, non esitate a consultare un professionista.


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  • Guerrero Tomás, Rafael. (2016). Trastorno por Déficit de Atención: entre la patología y la normalidad. Barcelona: Timun mas.
  • Pérez Álvarez, Mariano. (2014). Volviendo a la normalidad: la invención del TDAH y el trastorno bipolar infantil. Alianza Editorial.

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