Aborto: 6 cose da non dire a una donna

Aborto: 6 cose da non dire a una donna

Ultimo aggiornamento: 15 dicembre, 2017

Quando la natura mette fine a una gravidanza, la sofferenza provata dalla donna che ha subito un aborto spontaneo spesso non viene compresa. Sebbene questo tipo di perdite sia frequente, molti – anche con le migliori intenzioni – sminuiscono o esagerano l’aborto.

Questa banalizzazione sociale, insieme a una certa mancanza di empatia o ‘sintonia emotiva’, fa sì che i cari della donna vittima di un aborto scadano in frasi fatte che, lungi dal calmare le acque o essere d’aiuto, non fanno che peggiorare il malessere.

Quali sono le frasi che generalmente vengono usate  alla leggera di fronte a quelle madri che attraversano il doloroso lutto perinatale? Ecco quello che, in nessun caso, dovrebbe essere detto a una donna vittima di aborto.

Perché evitare questa frasi sfortunate?

Una donna incinta è come non mai connessa al suo corpo, alimenta le sue speranze e gioie, persino i suoi timori. Tutto quello che sente è il prodotto di ciò che viene generato dal bimbo che porta in grembo.

Gli altri potranno solo apprezzare i cambiamenti nel suo corpo e nel suo carattere senza potersi mettere in connessione col bimbo. Non possono vedere o sentire. Probabilmente, questa stessa mancanza di connessione fa sì che molti non trovino le parole giuste al momento del tragico epilogo.

Senza dubbio, una delle perdite più dolorose che un essere umano può subire è quella di un figlio.  “Non è paragonabile alla morte di un figlio già nato”, dirà qualcuno. Invocano esperienze, aneddoti e sensazioni indimenticabili che lascia un piccolo, a scapito di uno neanche nato.

Ciò nonostante, non c’è peggior male che relativizzare un dolore o una sofferenza che non si è vissuta in prima persona, con tutti i sentimenti negativi implicati dall’annientamento di sogni e illusioni. La donna che soffre un aborto si sente disgraziata, miserabile e, per di più, incompresa.

Che fare di fronte a una donna vittima di aborto?

Sebbene non sia facile comportarsi con qualcuno che ha appena perso il suo bimbo, è possibile seguire degli schemi che ci eviteranno di inciampare in quelle frasi fare che non fanno altro che ferire ancor di più la madre affranta.

Si stima che il 20% delle gravidanze termina prima del tempo, costituendo una sofferenza enorme per i genitori. Niente potrà essere di conforto come il rispetto della loro sofferenza. Come farlo? Semplicemente mettendoci nei loro panni e capendo che hanno perso un figlio.

La sofferenza di una donna dopo lìaborto

La donne che subisce un’interruzione di gravidanza non ha bisogno di frasi dannose causate dalla mancanza di tatto o dalla negazione del suo dolore, ma di una dose di comprensione, di empatia e, soprattutto, di tanto supporto da chi le sta intorno.

Per ogni perdita o lutto bisogna esteriorizzare il malessere, stare in lutto per questa perdita e piangere quando necessario per superarlo il più presto possibile. Bisogna chiarire che superare non significa dimenticare, perché la morte di un figlio non si dimentica mai.

Le fasi da evitare

“Se non ce l’ha fatta significa che non doveva nascere”

È una delle frasi più comuni in questi casi, ma chiaramente esprime una realtà che la donna vittima di aborto conosce meglio di chiunque altro. Questa affermazione cerca di convincere la madre che quest’incubo è la cosa migliore che potesse accadere loro. Sebbene con le migliori intenzioni, non è raccomandabile eliminare così rapidamente gli aspetti negativi dell’accaduto.

“Sei giovane, avrai altre opportunità”

Noi esseri umani tendiamo a nascondere e mascherare qualsiasi emozione negativa, che sia nostra o di altri. Questa constatazione cerca di cancellare il ricordo del bimbo perduto per seminare la speranza di quello che verrà. Si tratta ancora di un’ovvietà dannosa per questa madre che pensa solo che, se rimane incinta, non porterà in grembo il bimbo perso, ma un altro.

Aborto: il lutto di una donna per il suo figlio mai nato

“Meglio ora, di poche settimane, che tra qualche mese”

Ci si appella sempre al male minore per definire quello che prova l’altra persona. “Immagina se lo avessi perso al settimo o ottavo mese”. La madre sa che tutto potrebbe essere peggio, ma crede anche che potrebbe essere meglio. In questo modo, la donna che ha sofferto un aborto sente che il suo è meno importante di altri. Tuttavia, per lei è il più importante di tutti perché il futuro era il suo bambino e il suo presente è averlo perso.

“Meglio così, lì non c’era niente”

Non esiste convinzione più sbagliata e crudele di questa. Senza dubbio, è la madre ad avere una connessione speciale con il piccolo e per lo più sente ogni movimento. Che qualcuno le venga a dire che dentro di sé “non c’era niente”, è nefasto e doloroso. Quel “niente”, quel “nessuno”, era nientemeno che suo figlio.

“Hai già un altro figlio, goditelo e non ti lamentare troppo”

Ogni gravidanza, che sia la prima o al terza, comporta un insieme di illusioni, speranze e sogni. Una nuova opportunità di sperimentare il miracolo della vita nel nostro corpo. Inoltre, chi ha figli sa bene che nessuno ne sostituisce un altro e che si vuole bene a tutti allo stesso modo.

“È passato già molto tempo. Superala, non è niente di che”

Chi decide che non è niente di che e con quale autorità? Ognuno vive e gestisce il suo dolore come può e nessuno ha il diritto di giudicare, perché non si può misurare il dolore altrui. L’importante è rispettare il dolore di ogni persona. Ogni essere umano gestisce i suoi propri tempi per superare la tristezza.

Perciò, se non sapete che dire, non dite niente: nulla allevierà il dolore di questa donna. Sarà più utile offrire una spalla, un orecchio o un sguardo comprensivo. L’ideale è un “mi dispiace”, un abbraccio, senza scavare sul tema, lasciando aperta la possibilità di parlare se ne ha bisogno.

 


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