Crescere bene un bambino: abbracciare, consolare e accudire

Crescere bene un bambino: abbracciare, consolare e accudire
María Alejandra Castro Arbeláez

Revisionato e approvato da la psicologa María Alejandra Castro Arbeláez.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2021

Crescere bene un figlio non ha niente a che vedere con consolarlo, badare ai suoi bisogni, calmare le sue paure o nutrirlo di abbracci e carezze. Non lo state viziando, al contrario. Chi “cresce male” un bambino è chi non gli presta attenzione e lo abbandona, chi commette l’errore di pensare che la sua mente sia come quella di un adulto, esperta in manipolazione e ricatto.

Un interessante studio sull’intelligenza affettiva ha dimostrato che nel corso della giornata i bambini provano molto più dolore psicologico che fisico. È senza dubbio di un dettaglio da considerare: la sofferenza emotiva dei più piccoli è legata a fattori come la fame, la paura o la sensazione di insicurezza.

Questi fattori istintivi sono segno di un malessere autentico che ogni bambino dimostrerà in modo speciale e unico. Ci saranno bambini più esigenti di altri e perciò, come madri, dobbiamo capire la realtà particolare di ognuno di loro sapendo che chi accudisce non necessariamente vizia. Offrire sicurezza e strategie è educare.

 

Consolare, l’arte di capire i suoi bisogni

Se un amico piange non stiamo ad aspettare che gli passi. Se il nostro partner, nostra sorella o nostro padre piangono non li lasciamo da soli in una stanza finché non smettono. Perché dovremmo farlo con i nostri figli?

Consolare è l’eccezionale arte di intuire i suoi bisogni e individuare le più adeguate strategie d’attenzione per lenire questi dolori fisici o emotivi. Ecco perché, in certi casi, non basta dire “calmati, va tutto bene”. Per un bambino il maggior conforto deriva dal contatto fisico e da un tono di voce che esprime calma e vicinanza.

Madre e figlio in un quadro

Sono piccole cose che lasciano autentiche impronte nel cervello di un neonato che sta maturando. Il suo sviluppo è determinato da qualunque stimolo, così come da qualsiasi carenza.

La saggezza del crescere bene

Le parole sono importanti nella nostra lingua, ma a volte con le espressioni più popolari si addita come comportamento patologico ciò che è un semplice processo naturale. È del tutto possibile, per esempio, trovarsi a ricevere commenti di amici o familiari sulle mamme-canguro dopo aver preso in braccio il proprio figlio per calmarne il pianto o la rabbia.

Lo stai viziando, dicono. Noi stiamo zitte perché sappiamo che non è così. Sappiamo che un segnale positivo al momento giusto evita i capricci, riduce lo stress e fa sì che i nostri bambini si sentano più sicuri di esplorare con i loro ritmi ciò che li circonda.

  • La saggezza del crescere bene è sapere che il pianto prolungato e trascurato causa effetti indesiderati. Dal punto di vista neurologico può provocare stress; un livello elevato di cortisolo altera la chimica dei neurotrasmettitori, così la paura si intensifica e cresce il bisogno di attenzione.
  • Crescere bene è saper consolare, abbracciare ed “esserci” perché questo rafforza il legame con i nostri figli. I nostri bambini avranno bisogno di questo punto fermo durante i primi tre anni di vita. In questa tappa i loro bisogni sono semplici ma essenziali. Sicurezza, affetto, gratitudine e possibilità di venire arricchiti da stimoli con cui migliorare la connettività neuronale.

Un bambino che viene lasciato piangere finché non smette o non riceve abbracci o carezze si farà un’idea del mondo come di un’entità ostile, in cui sarà sempre in attesa di qualcosa. Un mondo dal quale a volte si difenderà con ira o da cui aspetterà i rinforzi che gli servono per ritrovare sé stesso.

Non è la cosa giusta da fare.

Promuovere lo sviluppo emotivo per aiutare a crescere

L’educazione emotiva non inizia quando un bambino è in grado di comunicare, quando dobbiamo stabilire o negoziare delle regole oppure porre dei limiti. Un neonato di otto mesi che ci tira i capelli quando si arrabbia è una persona che cerca di canalizzare rabbia e frustrazione.

  • L’educazione emotiva inizia dal primo giorno in cui lasciamo nostro figlio nella culla dopo essere tornate dall’ospedale. Appena dopo aver partorito. Il primo punto di ancoraggio emotivo si crea già alla nascita, durante l’ora sacra, con il primo contatto tra la pelle del neonato e quella di sua madre.
  • L’allattamento materno è un meraviglioso punto di partenza per costruire quel legame che trasmette protezione, calma e benessere. Più tardi, l’arte di consolare in modo rispettoso gli permetterà di crescere in sicurezza.
  • Nemmeno dare retta alle reazioni negative significa viziare. Il bambino di due anni che lancia un giocattolo a terra o che strattona il fratello o la mamma nasconde un’emozione che va al di là di lui. Bisogna canalizzarla, gestirla e comprenderla.
Crescere bene: madre e figlio abbracciati

Il compito di capire ed elaborare le emozioni richiede pazienza e intuizione e non dobbiamo mai trascurarlo solo perché “sono piccoli”. Le piccole cose di oggi possono trasformarsi nei grandi abissi di domani. Perciò dobbiamo prestarvi attenzione e alimentare i nostri bambini con emozioni positive, mettendo in pratica l’arte del crescere bene.


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